La povertà assoluta non cala
Articolo di Avvenire.
Nel 2024 la povertà assoluta in Italia è rimasta stabile, mentre cresce sia l'incidenza fra le famiglie sia tra gli individui della povertà relativa. Lo certifica l'Istat stimando che siano oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta - l’8,4% delle famiglie residenti - per un totale di 5.744.000 persone, pari al 9,8% della popolazione.
Percentuali sostanzialmente simili a quelle registrate nel 2023, quando erano pari rispettivamente a 8,4% e 9,7%, ma con 50mila persone in povertà in più in termini assoluti. L’incidenza della povertà assoluta è particolarmente alta nei nuclei con persone straniere. Fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4% e sale al 35,2% nelle famiglie composte esclusivamente da stranieri, oltre 5 volte tanto rispetto al 6,2% per le famiglie composte solamente da italiani. E ciò nonostante il dimezzamento dei tempi di residenza in Italia richiesti per poter ottenere i sussidi. L’incidenza di povertà relativa tra le famiglie, pari al 10,9%, risulta anch’essa sostanzialmente stabile rispetto al 2023 (era 10,6%), coinvolgendo oltre 2,8 milioni di famiglie. In lieve crescita è l’incidenza di povertà relativa tra gli individui, che sale al 14,9% (dal 14,5% del 2023), che interessa oltre 8,7 milioni di individui. I nuclei vengono classificati in povertà assoluta dall’Istat quando «le famiglie hanno una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per regione e per tipo di comune di residenza)». In sostanza quando non riescono ad acquistare un «paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, vengono considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile».
A livello territoriale, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nel Mezzogiorno (dove coinvolge oltre 886mila famiglie, il 10,5%), seguita dal Nord-ovest (595mila famiglie, 8,1%) e dal Nord-est (quasi 395mila famiglie, 7,6%), mentre il Centro conferma i valori più bassi (349mila famiglie, il 6,5%). D’altra parte, tra le famiglie assolutamente povere, il 39,8% risiede nel Mezzogiorno (38,7% nel 2023) e il 44,5% al Nord (45% nel 2023); il restante 15,7% risiede nel Centro (16,2% nel 2023). E qui è interessante notare come le misure di contrasto alla povertà, tanto il Reddito di cittadinanza prima, quanto l'Assegno di inclusione dal 2024 in poi, «trascurino» la povertà consistente nel Nord del Paese, dovuta alla maggiore incidenza della crescita dei prezzi anche per i beni essenziali e al mantenimento invece di eguali parametri sia per l'accesso alle misure di sostegno sia nella quantità dei sussidi previsti.
Un altro aspetto interessante è quello dell’incidenza della povertà assoluta per fasce di età: fra i minori si conferma al 13,8% (quasi 1,3 milioni di bambini e ragazzi) che rappresenta il valore più elevato della serie storica dal 2014, e fra i giovani di 18-34 anni all’11,7% (pari a circa 1 milione 153mila individui). Per i 35-64enni si mantiene invariata al 9,5%, anch’esso valore massimo raggiunto dalla serie storica, e fra gli over 65 al 6,4% (oltre 918mila persone). Dunque, ancora una volta sono i più piccoli a soffrire maggiormente la povertà, seguiti dai giovani, mentre la solidità del nostro sistema previdenziale evidentemente protegge meglio gli anziani dai rischi di povertà. E che le nuove forme di sostegno non abbiano centrato l'obiettivo di tutelare dalla povertà assoluta, in particolare i nuclei con figli, lo si nota dai dati sulla composizione delle stesse famiglie in povertà. L’incidenza di povertà assoluta si conferma più alta, infatti, tra le famiglie ampie: raggiunge il 21,2% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,2% tra quelle con quattro, per scendere all’8,6% tra le famiglie di tre componenti. Tra le coppie con tre o più figli, quasi una su cinque è in povertà assoluta (19,4%) e anche per le famiglie di altra tipologia, dove spesso coabitano più nuclei familiari o sono presenti membri aggregati, l’incidenza è superiore alla media (15,7%). Sono in povertà assoluta anche più di una famiglia su 10 tra quelle monogenitore (11,8%).
Dati, questi dell'Istat, che confermano le criticità emerse da diversi analisi, tra cui da ultimo il Rapporto Caritas presentato la scorsa settimana, in cui si chiedeva appunto di mettere mano quantomeno a una revisione di alcuni parametri dell'Assegno di inclusione per proteggere meglio tutti i nuclei familiari, dopo l'abbandono del principio di universalità e l'esclusione dal «conteggio» dei bisognosi di maggiorenni senza disabilità o responsabilità di cura, i cosiddetti «occupabili». Né la crescita delle occupazione che pure lo scorso anno è stata assai consistente, né i nuovi criteri dell'Assegno di inclusione che voleva essere meglio mirato sulla famiglia, e in particolare i nuclei numerosi con minori, hanno evidentemente inciso in maniera significativa. Almeno per ora, almeno lo scorso anno, il primo dall'introduzione delle nuove misure. Sarebbe utile, allora, che il Governo studiasse, assieme alle rappresentanze sociali, almeno qualche correttivo per rafforzare l’efficacia degli strumenti di contrasto alla povertà. Anche perché tra «sicuramente povere» e «quasi povere» si arriva a una famiglia su cinque. Decisamente una soglia pericolosa.
