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  • Sergio Mattarella

La democrazia dei Comuni è la radice della democrazia del nostro Paese

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di apertura della 41^ Assemblea annuale ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani (video).

Rivolgo un saluto molto cordiale ai rappresentanti del Senato e della Camera, ai Ministri presenti, al Presidente della Regione, ringraziandolo per le sue parole; al Sindaco di Ascoli, al Presidente di ANCI Piemonte.
Un saluto particolarmente intenso alla città che ci ospita, Torino, e al sindaco Lo Russo.

Il saluto al Presidente Manfredi si unisce alle congratulazioni per la sua elezione, che lo pone a servizio dei quasi 8000 Comuni italiani. E questo saluto si unisce anche agli auguri di buon lavoro, che ha così ben iniziato - poc’anzi - con questa relazione.
Un saluto particolare a tutti voi, Sindaci e Amministratori qui presenti. Vi assicuro che, guardando, recate in questa sala una magnifica raffigurazione dell’Italia.
L’ANCI vive una nuova tappa della sua storia.
Con le sfide di oggi, con problemi sui quali ci si confronta da tempo, con il testimone che rappresenta il percorso compiuto negli anni dalla variegata schiera degli amministratori dei comuni italiani.
A tutti gli amministratori locali, dal Comune più piccolo alle aree metropolitane, va la vicinanza e l’apprezzamento della Repubblica per il loro impegno quotidiano.
La democrazia dei Comuni, la più vicina ai cittadini, è la radice basilare della democrazia del nostro Paese. Rappresenta la prima linea delle istituzioni della Repubblica.
Averne cura, farla crescere nella partecipazione, dare prova di un esercizio dei poteri efficace, rispettoso della libertà del confronto, è condizione di salute per l’Italia.
È un privilegio, ancor prima di essere una responsabilità, rappresentare e servire - come fate - le vostre comunità.
Il ruolo dei Comuni è cruciale, così come la loro funzione di rappresentare le attese delle rispettive comunità.
Sono l’espressione più emblematica i Comuni delle diversità italiane, simbolo - anche in questo - della libertà e della unità del nostro Paese.
I Costituenti vollero porre l’autonomia dei Comuni come perno di un pluralismo sociale e istituzionale.
Libertà e pluralismo come vettori di uno sviluppo della nuova Italia. Un’Italia in cui la partecipazione alle elezioni - dopo l’epoca del podestà nominato dal regime - rendeva i cittadini protagonisti effettivi.
Anche per questa ragione occorre adoperarsi, culturalmente e politicamente, perché la partecipazione al voto torni a salire.
In seno all’Assemblea costituente si discusse se qualificare i Comuni come enti autonomi o enti autarchici.
La definizione di “enti autarchici territoriali”, tratta dal diritto amministrativo, venne respinta a maggioranza e il Presidente della Commissione dei 75, incaricata di redigere il testo della Costituzione, Meuccio Ruini, argomentò che “autarchia è meno di autonomia” e che, se fosse prevalsa, avrebbe appunto “diminuito la forza” dei Comuni.
La costruzione di un sistema di autonomie colloca i Comuni - è stato poc’anzi ricordato, come recita l’articolo 114 della Costituzione - al fianco dello Stato come elementi costitutivi della Repubblica, proprio in virtù, secondo una sentenza della Corte costituzionale del 2002, della “comune derivazione dal principio democratico e dalla sovranità popolare”.
L’autonomia dei Comuni non è separatezza. È piuttosto una funzione della unità dell’Italia. L’ANCI è sempre stata ed è espressione di consapevolezza in questo senso, ponendo sempre i temi dell’uguaglianza e della solidarietà alla base della sua azione.
L’unità riguarda, infatti, i rapporti tra le istanze dei territori di ogni Comune. Gli squilibri producono successi effimeri e successive disillusioni.
La rete dei Comuni d’Italia è un formidabile tessuto di connessione su cui realizzare l’ordito di uno sviluppo equo e sostenibile.
I Comuni rappresentano uno snodo di programmazione e di rilancio dell’intero sistema Italia.
L’unità del Paese, del nostro Belpaese, trova oggi nelle aree interne e montane, in quelle delle isole minori, nei borghi resi periferie, un aspetto di fragilità, per la rarefazione dei servizi, lo smantellamento di infrastrutture realizzate con sacrificio in passato, come le linee ferroviarie definite “minori”, con danno ulteriore. Un tema - quest’ultimo - non eludibile da chi ne ha la responsabilità.
Si tratta di luoghi che soffrono di una marginalizzazione che mette a rischio il futuro di tante parti d’Italia e, già oggi, incide negativamente sui diritti di cittadinanza dei suoi abitanti, quelli che il Presidente della Consulta di un tempo, Leopoldo Elia, definiva “cittadinanza sostanziale”.
La Repubblica non può abbandonare territori e popolazioni così essenziali alla propria integrità e identità.
Parliamo di spazi che occupano il 60% del suolo d’Italia, dove vivono complessivamente 13 milioni di nostri concittadini.
Luoghi che sono ragione della cultura e del fascino attrattivo dell’Italia.
Luoghi dove si gioca – peraltro - anche la sicurezza dei territori della pianura, come ben sa questa regione, il Piemonte, ricordando l’alluvione di Alessandria del ’94, esattamente trent’anni addietro.
Nella implementazione della indispensabile Strategia nazionale per le aree interne, un ruolo strategico lo gioca la cooperazione istituzionale.
A San Benedetto del Tronto, nel 2017, durante la Conferenza nazionale dei piccoli Comuni, l’ANCI lanciò l’Agenda del contro-esodo, sulla base della spinta venuta dall’Assemblea di Bari dell’anno precedente.
È tempo di bilanci su questo fronte. I territori non più presidiati sono destinati a divenire, da risorsa, condizione critica, producendo un assurdo spreco di beni.
Un dialogo paritario è necessario per affrontare le questioni che si pongono e colgo parole del Presidente Manfredi nel ricordare, quanto affermato, che le materie rientranti nelle funzioni fondamentali degli enti locali non sono suscettibili di devoluzione a livelli di governo diversi dagli stessi Comuni.
La collaborazione tra le istituzioni è un dovere repubblicano.
Con chi costruire l’Italia dei prossimi decenni se non con i Comuni? È un’opera che richiede partecipazione corale e diffusa, concordia tra le istituzioni, convergenza delle istanze popolari.
La concordia è necessaria di fronte alle emergenze, purtroppo divenute frequenti.
Quando viene aggredito il principio di legalità.
Davanti a minacce al funzionamento e alla dignità delle istituzioni.
I Comuni non operano nella ionosfera.
Sanno quanto il contesto, anche internazionale, sia decisivo, quanto i conflitti in atto incidano sulla vita dei cittadini.
Quanto la prospettiva europea li riguardi.
Quanto le città siano motori di processi di comprensione, di dialogo, di cooperazione, di pace.
Lo abbiamo sperimentato con i gemellaggi dopo la Seconda Guerra mondiale tra paesi e città di nazioni fino a poco tempo prima avversarie.
L’Europa unita è il nostro spazio vitale. Lo spazio politico e istituzionale che ci consente una crescita futura.
L’Europa è oggi a un bivio.
Il futuro dei cittadini europei dipenderà dal coraggio delle scelte che il Consiglio e il Parlamento Europeo sapranno fare.
L’Unione, con la svolta del piano Next Generation e del Green Deal, ha dato prova di comprendere la necessità di rapidi passi avanti.
E i Comuni sono oggi al lavoro - come abbiamo poc’anzi ascoltato - nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, attività che vede in campo risorse rilevanti poste a disposizione dall’Unione Europea.
Come sempre, il tema rilevante è quello delle somme disponibili e delle opzioni di spesa conseguenti, che il Parlamento consegna al Governo con la legge di bilancio.
Come è naturale, le scelte che i governi nazionali hanno fatto a Bruxelles con il Patto di stabilità si riflettono anche sui Comuni.
Non possiamo dimenticare che questi ultimi, in prima linea nel rapporto con i cittadini, sono chiamati a sovvenire ai bisogni più immediati ed elementari della popolazione.
Presidente Manfredi, lei ha indicato, poc’anzi, alcuni punti di un’agenda di confronto che non possono essere evasi: dalla casa ai servizi sanitari, ai servizi per le aree interne, alla sicurezza, ai trasporti, alla sostenibilità ambientale, ai giovani, alla finanza locale.
I Comuni, nell’ambito della spesa della Pubblica Amministrazione, in senso lato, risultano virtuosi. Lo riconoscono tutti i parametri di valutazione.
Non posso, quindi, che auspicare una fruttuosa interlocuzione.

Cari Sindaci,
le Amministrazioni comunali svolgono funzioni vitali per la Repubblica.
Il vostro impegno quotidiano, compresi i sacrifici personali di ciascuno, consentono alle comunità di percorrere le loro strade e di lavorare per il domani.
La vostra – so bene - è un’attività di prossimità che vi rincorre ben oltre la soglia dei vostri uffici.
Una prossimità che è apertura al confronto e alla partecipazione popolare.
Una prossimità che è anche trasparenza.
Permettetemi anche per questo di rivolgere un pensiero ai Sindaci che ci hanno lasciati nel corso del loro mandato.
Per tutti, ciascuno meritevole di ricordo, un nome: Mirella Cerini, Sindaco di Castellanza, come sappiamo colta da un malore al termine della cerimonia del 25 aprile e morta con indosso la fascia tricolore.
Vi ringrazio per quel che fate.
Nelle recenti alluvioni – ad esempio - al fianco delle famiglie più colpite.
Nell’attività quotidiana per fronteggiare i bisogni delle vostre comunità.
Nella riflessione per progettarne il futuro.
I presupposti democratici della nostra Repubblica trovano alimento da questo impegno che sorge dal basso, dai quartieri, dai borghi divenuti periferie, dai luoghi più remoti, che vanno tenuti nel medesimo conto dei grandi centri.
Buon lavoro ai Sindaci. Auguri a tutti i Comuni d’Italia.
Buona Assemblea e buon futuro.

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