Innaffiamo le radici
Intervento di Carlo Borghetti.
La mia breve testimonianza vuole dire perché ritengo necessario ben innaffiare le radici culturali del cattolicesimo democratico di cui parliamo oggi, e descrive poi una realizzazione specifica.
Tensione al bene comune; cultura della mediazione; laicità dello Stato; necessità delle opere concrete oltre le parole; partecipazione e non delega al leader o -peggio- culto del leader; centralità della persona ma dentro una comunità, in contrasto con l’individualismo che ci circonda: sono alcuni dei valori che sono stati per me fondamentali e che ho respirato nel mio personale percorso pre-politico e politico, che mi ha portato dai tempi dell’impegno e servizio in Parrocchia al Consiglio comunale della mia città, prima, e al Consiglio regionale della Lombardia, poi, passando dall’impegno e servizio nelle sezioni locali e di Milano del Partito Popolare, poi della Margherita e dell’Ulivo e infine del Partito Democratico.
Questi valori, parte della cultura politica cattolico-democratica, sono per me radici da rinforzare come fondamento oltre che della “azione” politica anche di uno “stile” politico, a contrastare certo degrado della politica.
E voglio citare David Sassoli, che stiamo ricordando in questi giorni, perché la sua memoria è preziosa proprio anche per questo aspetto, che dà credibilità alla politica, e in cui David fu grande, cioè “come si sta” in politica, perché è ovviamente importante ciò che si dice e ciò che si fa, ma anche “come si sta” in politica…
E visto che siamo a Milano mi sta a cuore ancora una volta ricordare il professor Lazzati, quando diceva che in politica non si sta “in quanto cristiani“ ma “da cristiani“, come a dire che non è con rosari sventolati, o con proclami urlati di appartenenza cristiana, che si dimostra la coerenza con certi valori.
Ci è stato chiesto il racconto di una buona prassi che abbiamo promosso nella nostra esperienza politico amministrativa: tra le cinque proposte di legge che -pur essendo sempre in minoranza- mi sono visto approvare dal Consiglio regionale della Lombardia, cito quella che tocca una questione sociale concreta sempre più diffusa nella vita quotidiana delle nostre famiglie, cioè la necessità del prendersi cura a casa loro di persone anziane non più completamente autosufficienti attraverso l’assistenza delle cosiddette badanti (che la legge in realtà definisce “assistenti familiari”, perché le parole sono importanti, e danno dignità).
La legge promuove e disciplina in Regione Lombardia l’apertura di “sportelli per l’assistenza familiare” pubblici, istituisce registri locali e regionali delle badanti, ne promuove la formazione e ne incentiva economicamente l’assunzione regolare (due terzi lavorano in nero).
La legge accompagna poi le famiglie nella scelta più appropriata, evitando loro il ricorso al passaparola o a servizi di reclutamento privati profit, non sempre affidabili e di qualità. Una legge, inoltre, che mentre contrasta la deriva continua della privatizzazione dei servizi per la salute, promuove una collaborazione virtuosa tra Comuni, Terzo Settore e Servizio Sociosanitario, collaborazione decisiva anche per salvare e rilanciare quella universalità del Servizio sanitario -oggi in crisi- sancita dall’art.32 della Costituzione e implementata dalla riforma del ‘78 firmata da quella grande figura politica di donna cristianamente ispirata che fu Tina Anselmi.
Ecco, abbiamo radici vive e profonde: sta a noi innaffiarle per bene, ovunque siamo col nostro impegno sociale, civico o politico, perché questo ha profondamente a che fare con il miglioramento delle risposte concrete di cui ha bisogno il nostro tempo, a partire da chi fa più fatica.