Il mondo è a pezzi
Articolo della Stampa sulle Meditazioni di Papa Francesco per la Via Crucis.
Francesco chiede di fermare l’economia disumana e i freddi algoritmi. In un «mondo a pezzi» c’è bisogno di «lacrime sincere. Viviamo nella tempesta, dacci la pace». Sono tra i passaggi più intensi delle meditazioni per la Via Crucis scritte dal Papa in convalescenza. Saranno lette al Colosseo durante la Celebrazione guidata dal cardinale vicario di Roma, Baldo Reina, delegato dal Pontefice.
In un tempo segnato da guerre, fratture sociali, diseguaglianze e stanchezze profonde, il Vescovo di Roma invita a rallentare, a guardarsi dentro, ad ascoltare. E soprattutto, a non smettere di sperare. Al centro del testo: il volto umano e compassionevole di Cristo, la dignità ferita dei popoli, la responsabilità di chi crede, la necessità di un cambiamento che parta da ciascuno.
«La nostra convivenza ferita, o Signore, in questo mondo a pezzi, ha bisogno di lacrime sincere, non di circostanza». È l’invocazione accorata dell’VIII stazione, che risuonerà al Colosseo come un’eco della sofferenza collettiva e personale. Lacrime che diventano segno di consapevolezza, non fragilità: segno di chi non si rassegna alla durezza dei tempi, ma apre varchi alla speranza.
Alla XIV stazione, Francesco richiama al riposo del sabato come tempo fecondo, tempo che educa: «Gesù, che sembri dormire nel mondo in tempesta, portaci tutti nella pace del sabato. Allora la creazione intera ci apparirà molto bella e buona, destinata alla risurrezione».
La Via Crucis è anche denuncia di un sistema disumanizzante. Nella III stazione, Jorge Mario Bergoglio afferma: «La via della croce è tracciata a fondo nella terra: i grandi se ne distaccano, vorrebbero toccare il cielo. Invece il cielo è qui, si è abbassato, lo si incontra persino cadendo, rimanendo a terra». Contro «il cantiere dell’inferno» - ovvero una logica di potere che esclude e calpesta - c’è «l’economia di Dio», che «non uccide, non scarta, non schiaccia».
Lo ribadisce con forza anche nella VII stazione: «Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno. Abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili». Eppure, «la legge della tua casa, economia divina, è un’altra, Signore».
Nella V stazione, Francesco sottolinea che «c’è bisogno di chi ci fermi, talvolta, e ci metta sulle spalle qualche pezzo di realtà che va semplicemente portato». Il rischio, osserva, è lavorare senza senso, vivere senza direzione: «Si può lavorare tutto il giorno, ma senza di te si disperde». Perciò la preghiera si fa litania: «Ferma la nostra corsa, Signore – quando andiamo per la nostra strada senza guardare in faccia nessuno, quando le notizie non ci commuovono, quando le persone diventano numeri, quando per ascoltare non c’è mai tempo».
Fin dalla I stazione, il Papa mette in guardia contro il rischio del giudizio e della disumanizzazione: «Tu sei ancora, silenziosamente, davanti a noi: in ogni sorella e in ogni fratello esposti a giudizi e pregiudizi». Invita a riconoscere le maschere che spesso ci nascondono, e chiede cuori aperti «quando davanti a me c’è una persona giudicata, quando le mie certezze sono pregiudizi, quando mi condiziona la rigidità».
Non manca un riferimento diretto anche alla comunità ecclesiale. Nella X stazione, Francesco scrive: «Ci conosci uno a uno, per salvare tutti, tutti, tutti. E se la Chiesa ti appare oggi come una veste lacerata, insegnaci a ritessere la nostra fraternità, fondata sul tuo dono. Siamo il tuo corpo, la tua tunica indivisibile, la tua Sposa. Lo siamo insieme».
Riflessione che rilancia il messaggio di inclusione totale, già pronunciato più volte dal Pontefice: una Chiesa per tutti, nessuno escluso, perché «Dio salva non per categorie, ma per nome».
Nella VII stazione, l’invocazione si fa accorata: «Rialzaci!», perché - ricorda Bergoglio - siamo tutti fragili, feriti, ma chiamati a rinascere. «Siamo bambini che a volte piangono, siamo adolescenti che si sentono insicuri, siamo giovani che troppi adulti disprezzano, siamo adulti che hanno sbagliato, siamo anziani che vogliono ancora sognare».
Una Via Crucis che è anche una via di ritorno, un cammino dentro il cuore del nostro tempo. Dove Dio - ci dice il Papa - ci viene incontro non per condannare, ma per rialzare. Sempre.