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  • Patrizia Toia

Draghi e il prezzo della nostra inazione

Articolo di Patrizia Toia.

Ancora una volta, Draghi ha parlato molto chiaro e non ha lesinato critiche, che pur sotto il garbo istituzionale e verbale che gli è proprio, suonano impietose.
Un anno dopo la presentazione del suo Rapporto - che faceva della competitività il fulcro per un rilancio europeo verso l’autonomia e la piena sovranità - il bilancio è assai misero, sia come risultati che come creazione dei mezzi e degli strumenti necessari per avviare politiche già allora ritenute indispensabili e urgenti.

Mesi fa, al Parlamento europeo, Draghi – quasi spazientito di fronte a obiezioni e capziosi interrogativi – aveva esortato i presenti con un perentorio: “Do it something!”. Oggi, di fronte alla stessa Presidente che gli aveva affidato un compito ritenuto strategico, ripercorre analisi, analizza i problemi aperti e indica rimedi.
Le sue analisi riprendono un filo sviluppato in tanti interventi e, dati alla mano nonché raffronti con le grandi potenze, dagli USA alla Cina, dimostra che non ci sarà futuro, ma solo sopravvivenza per l’Europa e i cittadini europei, se non si recupererà il gap di innovazione, di tecnologia, di disponibilità di risorse e di capacità decisionale rapida ed efficace. Solo creando, come Europa, una massa critica significativa, economica, tecnologica e anche geopolitica, si potranno superare le dipendenze che ci frenano e tentare di raggiungere la piena sovranità, cioè la sicurezza europea. Da qui l’imperativo dell’agire insieme.
Sicurezza significa molte cose: la difesa e la sicurezza economica, ma anche la sicurezza di preservare in Europa il welfare e la coesione sociale che ci caratterizzano nel mondo.
Draghi propone e aggiorna le sue “ricette” e cerca di parametrarle con le proposte e gli atti che la Commissione europea sta elaborando in questi mesi. È un esercizio generoso, che riconosce anche qualche passo avanti, qualche tentativo di seguire il canovaccio del Rapporto che porta il suo nome, ma che dimostra anche le distanze ancora da colmare se si vuole “vivere” e non sopravvivere da potenza irrilevante.
Per questo Draghi dice che occorrono almeno tre condizioni: una nuova scala, cioè l’unità europea; una nuova velocità, che significa semplificazione degli organi decisionali e delle procedure; e una nuova intensità, cioè proposte più forti e coraggiose. Va lasciato al passato l’adagio secondo cui, in Europa, anche quando si fa la cosa giusta, “è troppo poco e troppo tardi”.
Agire insieme significa concentrare le risorse dove l’impatto è maggiore e più efficace per tutti. Su alcuni programmi, come per l’AI, apprezza gli sforzi in atto – si pensi alle cinque gigafactory – ma chiede una strategia completa che vada dallo sviluppo della proprietà dell’intelligenza artificiale europea alle reti e alle infrastrutture adeguate, fino a un cloud europeo e a una rete per il supercomputing.
Strategie e proposte concrete restano sempre i due binari complementari. Infatti, parlando di digitalizzazione e intelligenza artificiale, Draghi tratteggia proposte per la loro integrazione verticale nell’industria e cita strumenti di finanziamento come il Fondo Scaleup EU. Lo stesso vale per la decarbonizzazione e lo sviluppo delle imprese, o per il tema del costo dell’energia, dove si può fare di più con gli acquisti comuni, il disaccoppiamento tra gas e rinnovabili, un maggior controllo e una maggiore trasparenza del mercato all’ingrosso, ancora troppo esposto a manipolazioni, e con un sostegno concreto ai nuovi contratti PPA tra pubblico e privato.
Concorrenza, aiuti di Stato e appalti pubblici sono altri ambiti nei quali si possono fare molte cose subito e senza risorse aggiuntive, ma anzi liberandone di nuove e utilizzandole meglio. Draghi elenca con precisione tanti impegni concreti, ma ora tocca alla Commissione e al Consiglio, oltre che al Parlamento, raccoglierne l’impegno.
E, non da ultimo, restano i progetti europei di comune interesse economico, gli IPCEI, decisivi per grandi traguardi comuni come le fabbriche di microprocessori, le batterie e le componenti strategiche per il nostro sviluppo.
Draghi ci presenta un vero programma: non potremo, ancora una volta, fingere di non sapere cosa va fatto, o traccheggiare con il solito “sì, è vero, ma…”. La prossima volta non Draghi, ma l’elettorato europeo ci presenterà il conto!

 

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