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  • Dario Franceschini

Un politico-scrittore che sa scrivere

Articolo del Corriere sul nuovo libro di Dario Franceschini.

La politica italiana non ha più grandi oratori (senza andare troppo indietro: vi ricordate quando prendeva la parola uno come Marco Pannella?). Se poi gli attuali politici devono scrivere, la faccenda diventa ancora più complicata. Certo: ogni anno sfornano libri su libri. Qualsiasi politico sente l’irrefrenabile necessità di scriverne uno. Quasi sempre, però, sono libri scritti da altri.

Cioè da ghostwriter che, in cambio di qualche manciata di spiccioli, spesso poco più di un’elemosina, mettono in italiano il loro pensiero. In questo, bisogna riconoscere una certa onestà di Elly Schlein. Che, non troppo cosciente del suo eloquio contorto e pieno di supercazzole (in compenso canta bene, come ha dimostrato sul palco rap degli Articoli 31), ma assai dubbiosa sul suo talento nella scrittura, per il libro L’imprevista (Feltrinelli) s’è fatta intervistare da Susanna Turco.
Però qualche eccezione, qualche politico che se si mette a scrivere, tira fuori roba buona, c’è. È il caso di Dario Franceschini: il quale non s’è esibito nel solito pistolotto tra biografia dolciastra e visionarie promesse elettorali, ma ha appena pubblicato un romanzo storico bello e forte, ricco di dettagli, documentato, e con un passo importante, denso: Aqua e tera, per la Nave di Teseo, racconta gli anni più difficili e tremendi del ferrarese – la terra dell’autore – dal primo Novecento al secondo dopoguerra, sullo sfondo le violente lotte tra socialisti e fascisti e, in primo piano, le donne, protagoniste indiscusse dentro un percorso di emancipazione non solo lavorativa, ma anche sentimentale, come dimostrano Lucia e Tina, con il loro amore.
Davvero, un grande libro (immagino l’imbarazzo di Elisabetta Sgarbi, eroica comandante della Nave, quando sarà costretta a scegliere, per il prossimo premio Strega, tra questo Franceschini e il Settembre nero di Sandro Veronesi). Va aggiunto che Franceschini è, da tempo, un autore di successo. Chi lo conosce bene, sa che preferirebbe essere definito prima “scrittore”, e poi “politico”, l’ultimo dei potenti dem che Elly – non si capisce se per puro timore o riconoscenza – ancora lascia libero di circolare nel Pd (gli altri “cacicchi”, così adora chiamarli, li ha politicamente fatti fuori uno dopo l’altro, come in quel celebre giallo di Agatha Christie).

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