L’Europa, oggi alla prova di fronte al mondo
Articolo di Patrizia Toia pubblicato da Il Sicomoro.
È partito il nuovo ciclo europeo con le istituzioni rinnovate: Parlamento, Commissione, nuovo Presidente del Consiglio, il socialista Antonio Costa.
È una partenza tra incognite e minacce esterne ed interne: da quelle geopolitiche, legate ai fragili equilibri mondiali e alla nuova, imprevedibile e inquietante, presidenza USA, a quelle delle due guerre ai fianchi dell’Europa - a Est e nel Medio Oriente - fino alle crisi politiche interne dei principali paesi europei e al crescente peso dei partiti di estrema destra e dei governi a guida sovranista.
Una tempesta perfetta che l’Europa affronta consapevole che il suo futuro dipenderà dalle risposte che saprà dare.
Solo la nostra ostinata fiducia nell’Europa e nel ruolo che deve svolgere nel mondo ci guida in un incessante impegno affinché sia protagonista globale in un mondo sempre più in fiamme, frammentato e con istituzioni internazionali in piena crisi.
Le debolezze storiche dell’UE, la sua vulnerabilità politica e di sicurezza, richiedono oggi risposte coraggiose e di cambiamento, come anche Draghi ha da tempo chiesto per la crescita e la competitività.
La partenza della Commissione è stata incerta e contraddittoria. La Von der Leyen, a luglio votata dalla «maggioranza» storica europea, ha aperto a una parte dei conservatori (l’ECR, fin qui guidato da Giorgia Meloni), rendendo più debole la presenza dei socialisti e democratici.
Le conseguenze del nuovo quadro politico sono già evidenti: la volontà di rivedere il Green Deal e l’affievolimento delle politiche sociali. Nel «tempo dell’insicurezza», con le mille variabili in gioco e con le potenze dell’informazione digitale che lambiscono i confini della politica e della stessa democrazia, non c’è altra strada che rilanciare il progetto europeo.
L’unità è il punto imprescindibile: se inizierà il gioco dei rapporti bilaterali, l’Europa sarà sconfitta. Se i nazionalisti agiranno singolarmente, rispondendo alle sirene di Trump, misureranno tutta la loro piccolezza, ottenendo briciole e diventando satelliti senza dignità.
Un’Europa unita può essere ponte verso il Mediterraneo e verso i paesi del Sud del mondo, che non si schierano con le grandi potenze ma cercano dialogo e cooperazione.
Un’Europa unita può ambire a essere una potenza di politica estera e di sicurezza, camminando con le proprie gambe, costruendo iniziative per la pace e riscoprendo una delle sue ragioni fondative.
Prospettive e programma molto sfidante, ma non c’è ordinaria amministrazione di fronte a una policrisi.
Oggi mancano forti leader europei, come Delors e Prodi, e i grandi paesi, motori storici, vivono un momento di debolezza.
Chi guiderà la nuova Europa in questo cammino verso il 2030?
Spetta ai partiti europeisti e progressisti, al presidente Costa, farsi carico di questa responsabilità storica.
Se questa strada di unità a 27 troverà freni e tentativi di divisione, allora la strada del «andiamo avanti con chi ci sta» sarà inevitabile: una rinuncia, una soluzione di ripiego.
Ma pur di non sottostare ai ricatti di chi fa il gioco dell’avversario (sia Trump o, peggio ancora, Putin), sarà giocoforza muoversi a due velocità.
La posta in gioco per noi europei è continuare a vivere nel posto migliore al mondo, ma anche il mondo esterno ha bisogno di una potenza come l’Europa, faro di valori e diritti.