È tempo che l'Italia torni a sognare
Intervento di Elly Schlein all'Assemblea Nazionale del PD.
Come prima cosa vorrei chiedere insieme a tutte e tutti voi l'immediata liberazione di Narges Mohamadi che è stata di nuovo arrestata in Iran senza accuse formali insieme a, credo, almeno altri 30 attivisti e attiviste. Siamo al suo fianco e ne chiediamo l'immediata liberazione.
Come diceva il presidente Bonaccini, seguiamo con grande dolore, con grande apprensione le notizie tragiche di questi minuti su quanto è accaduto a Sydney in Australia in quello che sembra un vero e proprio attentato alla comunità ebraica durante la festività di Hanukkah e vogliamo esprimere la nostra vicinanza e la solidarietà, come abbiamo fatto poco fa, alle vittime, alle famiglie delle vittime, sperando, come diceva Stefano, che non si aggravi ulteriormente questo già tragico bilancio. Dobbiamo fermare questa spirale di odio e di intolleranza.
Grazie a tutti voi di essere qui. Non è una formula di rito ringraziarvi per partecipare a questa assemblea nazionale. Non si tratta di una frase di circostanza. Vi ringrazio della vostra presenza perché è una domenica di dicembre e tutte e tutti voi avrete per essere qui rinunciato a essere altrove, essere coi vostri affetti. Ma questo è il nostro essere comunità. Scegliere di essere qui insieme e di essere arrivati qui da ogni parte d'Italia e qualcuno anche da fuori. So che non c'è bisogno di ricordarlo a noi stessi, ma l'Assemblea nazionale non è una kermesse, non è un evento che prevede spettatori. Voi siete tutti protagonisti a pieno titolo e rappresentate in questa sede il massimo organo dirigente di questo partito. Una rappresentanza vera, eletta e legittimata con un congresso e con primarie vere. Siete l'espressione più alta del nostro radicamento, di quel patrimonio straordinario che è avere una classe dirigente larga e diffusa che intreccia territori, biografie e culture politiche diverse.
I lavori di oggi quindi non sono un'incombenza burocratica da sbrigare mentre le decisioni si assumono altrove in qualche stanza chiusa. Siamo qui per discutere davvero, per condividere un momento autentico con la massima capacità di ascolto e la massima libertà di analisi.
Siamo qui per confrontarci, per leggere insieme la nuova fase politica e per fare scelte insieme, come si fa in una grande comunità democratica.
Diamo uno sguardo da qui al paese reale perché penso che tra poco sentiremo un'altra bella dose di propaganda da parte della presidente del Consiglio Meloni.
Gli italiani purtroppo non stanno meglio di 3 anni fa. L'economia è ferma, la manovra prevede crescita zero. Dai dati della Commissione Europea - li avrete visti - emerge che siamo penultimi in Europa come crescita prevista nel 2026. Veniamo da 34 mesi quasi consecutivi di calo della produzione industriale su 37 mesi di governo Meloni e questo nonostante il nostro sforzo per portare qui gli investimenti del PNRR che però si concludono l'anno prossimo, nel 2026, senza che il governo risponda a una nostra semplice e martellante domanda: che cosa succede dopo? Da dove verranno gli investimenti per il rilancio della nostra economia dopo la scadenza del PNRR?
Questo governo di investimenti non ne ha fatti, ne ha messo uno in manovra, solo uno, quello sbagliato e dannoso del ponte sullo stretto di Messina che peraltro gli ha bloccato la Corte dei Conti. 13 miliardi di euro buttati che si potevano usare per migliorare le infrastrutture a partire dalla Sicilia e dalla Calabria dove si fa fatica a spostarsi.
Se guardiamo alla spesa pubblica in questi 3 anni, al suo andamento, è facile vedere che cosa scende e che cosa sale. La spesa pubblica in questi 3 anni è scesa sulla sanità pubblica, sulla scuola pubblica in rapporto al PIL. sulla ricerca, sulla politica industriale e anche sulla casa. La spesa pubblica in rapporto al PIL è scesa su tutte queste cose. Sulla casa si arriva nei prossimi anni allo 0,06% del PIL. Sono dati del governo, non del PD.
Su che cosa sale invece?
Salgono le spese militari, quelle sì, per aver accettato la richiesta di Trump di portarle fino al 5% del PIL, che significa 445 miliardi in più nei prossimi 10 anni, doveva fare come Sanchez e dire di no. A difesa della nostra economia e del nostro welfare, non ci si pone un obiettivo sbagliato, irraggiungibile, rischiando di togliere altre risorse alla sanità pubblica e alle altre priorità importanti che abbiamo.
Salgono le tasse? Sì, salgono le tasse perché, nonostante la loro propaganda, i dati del governo indicano che la pressione fiscale non è mai stata così alta negli ultimi 10 anni. Dal 2015 la pressione fiscale al 42,7%.
Salgono gli affitti nell'ultimo anno del 10%, ma se sei uno studente, una studentessa che cerca una stanza singola per andare all'università l’aumento é del 45%.
In questa manovra il governo mette zero sulla casa e hanno tagliato il fondo per l'affitto, quello che aiutava comuni e regioni a rispondere a famiglie che oggi rischiano sempre di più lo sfratto.
Salgono le bollette del 25% in un anno. Secondo la CNA le imprese artigiane pagano ancora il 50% in più di 4 anni fa, perdono competitività perché abbiamo le bollette più care d'Europa e il governo in 3 anni su questo non ha fatto nulla e non l'ha fatto per non intaccare gli extra profitti che maturano un pugno di grandi società energetiche a scapito di tutte le altre imprese e di tutte le altre famiglie italiane. Trovino quel coraggio.
Sale il carovita. Guardate, questa è un'esperienza che ciascuno di voi fa nella quotidianità. Dal 2021 al 2025 i prezzi dei beni alimentari sono aumentati del 25%. Sono dati dell'Istat, non del PD. L'Istat dice che in quegli stessi anni, dal 2021 al 2025, i salari reali degli italiani sono scesi di nove punti percentuali. Questo vuol dire erodere il potere di acquisto delle famiglie italiane. È come aver perso un mese di stipendio ogni anno. A Meloni si è rotta la calcolatrice, di certo, ma gli italiani la sanno la fatica che fanno quando devono andare a fare la spesa.
E io, presidente Meloni, le voglio fare una domanda molto semplice, banale: da quanto tempo non le capita di andare a fare la spesa? Si immagini per un secondo di prendere un carrello, come ogni giorno fanno milioni di madri e di padri in questo paese, e provi a fare i conti, scaffale dopo scaffale, di ciò che va rimesso al suo posto, perché questa settimana non te lo puoi più permettere. Esca da Palazzo Chigi, faccia un giro in un qualsiasi alimentare di quartiere, perché mentre voi ripetete che va tutto bene - anzi che non è mai andato meglio - davanti a quegli scaffali le famiglie sono costrette a scegliere, e non più tra le cose superflue, ma tra le cose necessarie. Il pane costa il 25% in più, i prodotti vegetali il 33% in più, il latte e i formaggi e le uova il 28% in più sempre in questi 4 anni. Dati dell'Istat, non del PD. Questa è la realtà con cui fanno i conti milioni di cittadini ogni giorno.
Una realtà che non vedrete su Telemeloni, ma va benissimo, lo dico alla presidente, bene festeggiare l'importante riconoscimento della cucina italiana patrimonio UNESCO, ma lei si dovrebbe occupare del fatto che il frigo degli italiani è vuoto, è sempre più vuoto.
In tutto ciò Arianna Meloni ieri ci ha svelato le priorità del Governo per il 2026, premierato e riforma della legge elettorale.
Scusate, pensavamo che fossero le bollette. Le più care d'Europa. Pensavamo fossero le persone che prendono €5 all'ora, chi con la pensione non arriva alla fine del mese, 10.000 lavoratori dell'ex SILVA che sono a rischio, 6 milioni di italiani che non riescono più a curarsi per le liste d'attesa troppo lunghe, ma no. Le priorità per le sorelle Meloni sono una riforma elettorale e una riforma che indebolisce i poteri del Presidente della Repubblica. Giù le mani dalle prerogative del Presidente della Repubblica.
Il governo deve risolvere i problemi degli italiani, non i propri, attraverso le riforme.
Noi arrivati al Governo, per prima cosa metteremo 3 miliardi in più. Gli abbiamo fatto vedere dove per assumere i medici e gli infermieri che mancano per combattere davvero le liste d'attesa, non con i decreti vuoti fatti 4 giorni dalle elezioni senza €1.
Come seconda cosa, approviamo subito un salario minimo perché ci sono 4 milioni di lavoratrici e lavoratori che non arrivano alla fine del mese. Perché sotto i €9 allora non deve essere legale.
Come terza cosa interveniamo subito per abbattere il prezzo dell'energia scollegandolo da quello del gas, il disaccoppiamento di fatto come con i contratti di acquisto di lungo periodo, i power purchase agreement, con un ruolo più forte dell'acquirente unico. Abbiamo fatto una proposta di legge in questo senso, togliendo dalle bollette i canoni per la proroga delle concessioni per la distribuzione elettrica e agendo su come si fissa il prezzo unico nazionale. È la prima cosa che ci chiedono le imprese che stiamo incontrando nel nostro viaggio attraverso le realtà industriali del paese.
E invece della manovra del Governo, come avrete notato, è difficile parlare. Non vogliono parlare perché ogni giorno se la prendono con un nuovo nemico per distrarre l'attenzione da questa manovra fallimentare. Che cosa prevede questa manovra? Una cosa la prevede di certo: l'austerità. Tagli alla sanità pubblica, alla scuola pubblica, ai trasporti, alla casa. Taglia a settori fondamentali come il cinema. un'eccellenza del made in Italy che rischia questo taglio di bloccare, rischiano di bloccarsi le produzioni e aumentare i disoccupati che in quel settore vuol dire disperdere competenze di eccellenza fondamentali in questo paese.
La manovra aiuta i più ricchi, li aiuta di più. Quando lo dico io si offendono. Peccato che lo abbia detto anche l'Istat. L'Istat ci dice che l'85% delle risorse della riduzione dell'aliquota IRPEF vanno alle famiglie più ricche di quella fascia. Mi spiego. Danno €30 in più. Bene. A chi ne guadagna 30.000 all'anno, ma danno €440 in più all'anno a chi ne guadagna 199.000. Aiutano di più chi fa meno fatica.
Non c'è in questa manovra una visione per far ripartire il Paese. Non c'è nulla per proteggere le imprese e le famiglie dai dazi di Trump di cui Meloni non parla più, così come non parla dell'ex Ilva, su cui dovrebbe prendersi la responsabilità di dare risposta alle lavoratrici e ai lavoratori che stanno rischiando il posto. E noi lo diciamo molto chiaramente e da tempo: serve un intervento dello Stato, una cordata di partecipate che possa fare una proposta concreta e solida di decarbonizzazione per garantire in modo realistico la produzione, l'occupazione, la tutela della salute e la tutela dell'ambiente.
Sulla crisi dell'automotive cosa hanno fatto? Hanno tagliato il fondo stanziato dal precedente Governo dell'80% nel momento di più grave crisi del settore.
E’ meglio non parlare dei tagli ai comuni perché, avrete sentito, che la Presidente Meloni è andata all’ANCI a rivendicare che questa sarebbe la prima manovra senza tagli ai comuni, fingendo di non sapere che le due manovre precedenti sue hanno già tagliato per oltre 10 miliardi agli enti locali tra parte corrente e investimenti, di cui 800 milioni tagliati solo per il 2026.
L'unica cosa che sanno fare è le vittime, quello lo fanno benissimo, e lo scaricabarile. Questo governo con una mano taglia alle autonomie locali e regionali e con l'altra scarica su di loro le proprie responsabilità. Non mettere €1 in manovra sui trasporti significa una cosa precisa, che i sindaci saranno costretti o a ridurre le corse e prendersi la colpa al posto di Salvini o ad aumentare i costi dei biglietti e a prendersi la colpa al posto di Salvini. Vergogna.
Salvini, non so come stia contando le percentuali dei ritardi dei treni, forse con la stessa calcolatrice di Giorgia Meloni. Secondo i dati che abbiamo raccolto e registrato, solo negli ultimi 30 giorni ci sono stati quasi 800.000 minuti di ritardo sulla rete ferroviaria. I pendolari non possono fermare i treni e scendere quando sono in ritardo. Congratulazioni quindi a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni per farci vivere in un paese che ogni giorno si sveglia e ha almeno un'ora di ritardo.
Non è l'unico caso però in cui scaricano le proprie responsabilità. Diamo una notizia a Giorgia Meloni che pensa di essere ancora all'opposizione del Governo. La pubblica sicurezza e l'ordine pubblico sono competenze del Governo, del Ministero dell'Interno. Non è una competenza dei comuni, quindi basta propaganda contro i sindaci.
Lo dico perché mentre la maggioranza si riempie la bocca di retorica sulla sicurezza, l'Italia deve sapere che stanno tagliando le risorse ai comuni e nella legge di bilancio non c'è nemmeno €1 in più per gli stipendi delle forze dell'ordine che sono sotto organico ovunque. Abbiamo incontrato i loro sindacati. Tra i 20.000 e 30.000 sono quelli che mancano tra Polizia di Stato e Carabinieri.
Volete fare una cosa giusta al governo? Allora, riportate in Italia i soldi buttati per quei centri vuoti inumani e illegali in Albania e usateli per assumere più agenti di polizia a proposito di sicurezza. È un'altra manovra di promesse tradite.
Volevano abolire la Fornero e invece mandano il 96% dei lavoratori in pensione più tardi, comprese le forze dell'ordine. Dovevano aumentare le minime a €1.000 e invece le hanno aumentate di un paio di caffè.
Aveva parlato Giorgia Meloni a Rimini qualche mese fa, l'avevamo ascoltata, avevamo qualche aspettativa di un grande piano sulla casa, perché il Partito Democratico da anni chiede un piano nazionale sulla casa che in questo Paese non si vede dai tempi di Fanfani, quando invece ci sarebbe bisogno di una risposta strutturale all'emergenza abitativa che è strutturale. Sapete quanto hanno messo in manovra sulla casa? Zero. Anzi, non hanno nemmeno rimesso i fondi non sufficienti che l'anno scorso avevano messo sul fondo affitto e sul fondo morosità incolpevole su nostra insistenza perché se li erano dimenticati. Quest'anno c'è zero.
E poi ve lo ricordate il video al benzinaio? Cito “non solo noi chiediamo che non aumentino le accise sulla benzina, noi pretendiamo che le accise vengano abolite”. La campionessa di incoerenza invece le ha aumentate, le ha accise, ma chi pensa di prendere in giro?
Guardate, l'unico interventismo di questo Governo in economia, l'abbiamo visto nel risiko bancario. Sono intervenuti a gamba tesa per favorire cordate considerate amiche, anziché fare gli arbitri e vigilare sul rispetto delle regole di mercato. Il quadro che emerge dall'inchiesta in corso sull'operazione di MPS su Mediobanca conferma le gravi preoccupazioni che abbiamo espresso nei mesi scorsi, in particolare sul ruolo opaco del governo e del MEF. Finalmente, come avevo chiesto, il ministro Giorgetti verrà in aula a riferire, ma voglio lanciargli un messaggio anche da qui. Lo sappiamo che state provando in sordina a cambiare le regole sul concerto che è proprio l'accusa al centro di quella inchiesta. Vi dovete fermare. Vi dovete fermare.
Come sapete, accanto ad ogni critica, noi però vogliamo mettere una risposta e una proposta alternativa. E allora noi dobbiamo spiegare che cosa vogliamo fare noi, che cosa faremo noi.
Abbiamo presentato un pacchetto unitario a questa manovra di 16 emendamenti che rappresentano già un impianto di politica economica condivisa con tutta la coalizione progressista che si è presentata alle regionali. Emendamenti firmati dal Partito Democratico, dal Movimento 5 Stelle, dall'Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva. E da Più Europa, quando arriverà alla Camera.
Proponiamo insieme il salario minimo, proponiamo insieme una vera risposta di supporto concreto alle famiglie italiane fuori dalla retorica spesso vuota di questa destra. Proponiamo insieme il congedo paritario. 5 mesi pagati al 100% non soltanto per le madri, ma anche per i padri che vanno aiutati a veder crescere i propri figli. Proponiamo di stabilizzare i 12.000 precari della giustizia che rischiano di restare a casa tra pochi mesi. Proponiamo di mettere 3 miliardi in più sulla sanità pubblica per assumere medici e infermieri. Proponiamo di bloccare i tagli di 600 milioni alla scuola e quelli all'università che è sotto attacco. Guardate, è sotto attacco.
Sul welfare chiediamo di ripristinare l'opzione donna, un'altra promessa tradita, e di rafforzare quella che per noi è una battaglia fondamentale, l'assegno unico universale. Un modo concreto che abbiamo voluto per contrastare l'inverno demografico e non a chiacchiere. Sul fisco vogliamo estendere la no tax area per sostenere davvero il ceto medio e vogliamo sterilizzare il drenaggio fiscale che prende soldi dalle tasche di dipendenti e pensionati e ne prende di più di quanti in questi anni ne abbiano ridati.
Sulle politiche industriali proponiamo di introdurre il credito d'imposta per superare i pasticci che hanno fatto con transizione 5.0. Bene che ci abbiano ascoltato sul reintrodurre, ad esempio, l'iperammortamento, ma le piccole, medie microimprese con cui abbiamo dialogato in queste settimane sono preoccupate perché sentono di rischiare di rimanere tagliati fuori da alcuni di questi strumenti. Ecco perché noi proponiamo di reintrodurre quel credito d’imposta. Proponiamo una start tax di supporto ai giovani in particolare e al loro diritto a restare e a tornare.
Mi avete sentito raccontare in questi tempi una testimonianza che mi ha colpito, che ho raccolto in un aeroporto. Un ragazzo che mi avvicina e mi dice "Aiutateci a tornare". Perché lui lavorava in questa città a €3 l’ora in un ristorante e non riusciva a pagare l’affitto. Allora è andato in Francia e in 6 mesi di lavoro è diventato direttore di un ristorante. Guadagna €2700 al mese e riesce a permettersi un affitto a Parigi. Ecco, noi dobbiamo curarci del “diritto a restare” dei nostri giovani e dobbiamo curarci della paura di futuro che leggiamo troppo spesso nei loro occhi. È a loro che dobbiamo risposte, non scordiamolo mai.
Ecco, io credo che questo insieme di emendamenti, frutto di un lavoro di condivisione con le altre forze sia un'alternativa potente. È anche così, nei fatti, che germoglia l'elaborazione di un programma di governo comune. È il metodo giusto, senza rinunciare alle proprie diversità, alla propria sensibilità. Ognuno è partito da questo per concorrere al lavoro comune. Uniti nella diversità abbiamo prodotto delle proposte condivise indicando al paese una visione alternativa, una strada diversa possibile, un'altra agenda di politica economica e sociale.
Tanti altri emendamenti li abbiamo invece presentati e fatti come Partito Democratico: ad esempio per sopprimere le assurde norme sui LEP con cui il Governo vergognosamente cerca di aggirare la sentenza della Corte Costituzionale. Continueremo a batterci per fermarli e continueremo a contrastare questa pessima autonomia differenziata di Calderoli. C'è una grande questione Sud da affrontare di fronte al Governo più antimeridionalista della storia repubblicana.
Un governo che ha ridotto la decontribuzione, ha cancellato il reddito di cittadinanza, ha bloccato il salario minimo, tagliato i fondi di perequazione infrastrutturale per il Sud e noi lo diciamo: non c'è riscatto per l'Italia senza il riscatto del Sud. Gli elettori lo capiscono. Ci capiscono perché alle Europee siamo stati il primo partito al Sud.
Non dimentichiamo però che se guardiamo alla mappa del voto noi abbiamo una questione da affrontare anche al nord e io credo che anche tanti di coloro che hanno votato per questa destra oggi vedano quanto sfumi la loro propaganda e si vede che non hanno fatto nulla per il rilancio della crescita di questo Paese. Hanno prima minimizzato e poi accettato a testa bassa persino i dazi di Trump.
Mentre Confindustria denuncia il rischio di perdere 20 miliardi di export nei prossimi anni c’è un'economia che in questi anni ha dimostrato però uno slancio enorme, nonostante come noi avesse salari bassi, tanta precarietà e un forte impatto della pandemia. Ed è la Spagna di Pedro Sanchez che corre con una crescita attorno al 3%. Hanno speso bene e in fretta i soldi del PNRR. Non si sono messi lì a piantare una bandierina ideologica perché non l'avevano scritto loro perdendo 9 mesi per delle modifiche che erano dei tagli di 13 miliardi ai comuni che stavano spendendo bene e in fretta quei soldi. Hanno investito tanto sulle rinnovabili abbassando il costo delle bollette. Hanno aumentato del 50% il salario minimo sostenendo il potere d'acquisto delle famiglie e hanno fatto un accordo con imprese e sindacati per ridurre drasticamente i contratti precari. Funziona. Si può fare. E anche noi lo faremo.
Io sono molto orgogliosa di guidare questa comunità, una comunità larga, aperta e plurale. Siamo un partito vero, attraversato da energie straordinarie, reso vitale da chi si spende con generosità ogni giorno sui territori, da chi anima i circoli, da chi allestisce i gazebo nelle piazze, da chi fa il volontario alla festa dell'unità, dai nostri sindaci che ogni giorno affrontano i problemi concreti delle persone, dai nostri amministratori, amministratrici, dai nostri rappresentanti nelle istituzioni, dai nostri parlamentari.
Questa voglia di incidere, di partecipare è la nostra forza. La discussione è la nostra forza. E più qualcuno prova a raccontarci il contrario, più noi dobbiamo rivendicare quello che siamo. Non un partito personale, ma un partito plurale, non un partito come ce ne sono tanti, caserma o un partito comitato elettorale. Ma fatemi dire una cosa: non è che se in Italia ci sono tanti partiti personali, allora quelli strani siamo noi che pratichiamo davvero la democrazia interna.
Non mi fido dei partiti in cui non vola mai una mosca perché parla solo il capo.
Siamo talmente convinti di questo, di questa nostra vocazione. L'ho detto e lo voglio davvero ribadire. Noi abbiamo una cultura della militanza, una storia che ci portiamo dentro, per cui tutti siamo chiamati a concorrere alle decisioni e il partito è la casa di tutte e di tutti coloro che si riconoscono in un progetto collettivo, che hanno consapevolezza delle proprie radici, ma soprattutto condividono un'idea di futuro.
Noi siamo il Partito Democratico, il partito più grande e più radicato di questo paese. Sentiamoci orgogliosi e sentiamo tutta la responsabilità che questo comporta e siamo talmente convinti che questa sia davvero la nostra vocazione che, come sapete, invece di concentrare le risorse in maniera centralistica al nazionale - l'ha raccontato prima Michele - abbiamo trasferito, come mai era stato fatto prima, tantissime risorse ai livelli territoriali. Anche così si coltiva il pluralismo e la militanza. Ci interessava rendere più accogliente questa grande comunità che unisce personalità e culture diverse, che coltiva le molteplicità culturali al suo interno come una ricchezza e che valorizza voci libere e allo stesso tempo ha la capacità di cercare e trovare la sintesi, perché il pluralismo non significa galleggiare per non scontentare nessuno, significa discutere, ascoltare tutti e poi assumere posizioni chiare e nette, riconoscibili.
Vogliamo un partito umile e ambizioso insieme, che sia umile nella capacità di mettersi in sintonia con le persone, coi loro bisogni e coi loro desideri e che sia ambizioso però nella voglia di cambiare le cose, di non accontentarsi e di guardare lontano.
L'obiettivo è costruire l'alternativa, indicare un progetto di cambiamento, offrire all'Italia una proposta di governo credibile e innovativa per vincere le prossime elezioni politiche.
È tempo che l'Italia ricominci a sognare ed è tempo che l'Italia ricominci a sperare.
E allora discutiamo, confrontiamoci anche aspramente quando necessario, ma senza mai perdere di vista l'orizzonte comune. Dirò di più, il nostro sano pluralismo lo dobbiamo mettere al servizio di questo obiettivo, altrimenti rischia di diventare un esercizio di distinguo più autoreferenziale e più cacofonico. Non smarriamo l'orizzonte, non perdiamo di vista la meta comune. Alziamo lo sguardo e teniamolo sempre fuori dalla finestra rivolto al paese.
Abbiamo il dovere di offrire a noi stessi, ma ancora più all'Italia, una proposta riconoscibile, un'identità chiara nel profilo politico, nelle scelte che facciamo ogni giorno, nell'agenda che noi indichiamo e nella visione che esprimiamo, che è un'idea di società. È questo il compito di un grande partito.
Io credo che questo sia il senso del lavoro che abbiamo fatto insieme in questi anni. Abbiamo lavorato tutti insieme a un partito più accogliente, più coeso, più inclusivo, empatico, vicino ai bisogni e alle attese degli italiani e l'abbiamo fatto mescolando le storie e le appartenenze precedenti, ma pure attraendo nuove energie, nuovi fermenti, nuove generazioni.
Un partito insieme, aperto e radicato, che non si chiude nelle stanze, ma torna anzi nei quartieri, nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nelle piazze, nei mercati, nei luoghi di cura, nelle scuole, negli spazi dove le persone si incontrano, nelle città come nelle piccole aree interne e nelle periferie fisiche ed esistenziali di questo paese.
Oggi voltiamoci almeno per un istante a guardare la strada che abbiamo fatto insieme fino a qui. Molto resta da fare e sicuramente in questo tempo non sono mancate le fatiche, le difficoltà, anche gli inciampi, ma credo che sia innegabile, con un'analisi onesta e obiettiva, che è stato soprattutto un tempo di ricostruzione e di rilancio, un tempo di riscatto di cui essere tutti orgogliosi. Il Partito Democratico è cresciuto in questi 3 anni come nessun altro partito europeo.
È innegabile che tutti insieme abbiamo fatto rialzare il partito dopo una dolorosa sconfitta nel 2022. Abbiamo cercato di ricucire degli strappi con mondi con i quali c'erano state fratture profonde e di riallacciare dialoghi spezzati, di recuperare fiducia. Abbiamo restituito al partito slancio e protagonismo e si respira un clima di fiducia che insieme ci onora e ci responsabilizza. Lo abbiamo visto nella crescita del tesseramento, lo abbiamo visto nello straordinario record del 2x1000, oltre 10 milioni e mezzo quando partivamo da 7 milioni. Abbiamo risanato le finanze del partito superando i debiti precedenti con un grande lavoro di squadra e ringrazio anzitutto Michele Fina per questo. E dopo 8 anni di sacrifici per loro e le loro famiglie, abbiamo fatto uscire i dipendenti dalla cassa integrazione, dandoci anche un regolamento che concretizza le nostre proposte per il Paese: il congedo paritario, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Un segno di coerenza tra quello che diciamo e quello che facciamo.
Abbiamo fatto accordi con tutte le federazioni e mandato risorse senza precedenti ai territori. Nel rendiconto trovate -a memoria non mi ricordoun dato importante: siamo riusciti in questi 3 anni a mandare il triplo delle risorse che negli anni precedenti erano state inoltrate ai territori. Questo grazie a questi accordi, al lavoro di squadra, alla determinazione per cui mi sento anch'io di ringraziare tutti anche i tesorieri regionali, di federazione provinciale anche a livello di circolo.
Un lavoro corale che ha portato dei frutti incredibili. Lo abbiamo fatto per aiutare i circoli, per sostenere il radicamento, per noi essenziale, per ricomprare sedi storiche e per aprire anche nuove sedi. Abbiamo fatto crescere il numero delle feste dell'unità e le abbiamo animate anche nelle aree interne. È stato un anno molto denso quell'ultimo che è trascorso.
Abbiamo ridato slancio alla Conferenza delle democratiche. Un applauso per l'impegno che ci mettono ogni giorno.
Abbiamo sostenuto la ripartenza dei giovani democratici che hanno finalmente celebrato il loro congresso ed eletto una nuova segretaria, Virginia Libero.
Insieme a Stefano Lorusso, coordinatore dei sindaci, abbiamo organizzato a Bologna la più grande iniziativa del partito dedicata interamente ai nostri amministratori e alle nostre amministratici, che ha prodotto tante proposte: la promessa di proseguire presto quel percorso, ma ha prodotto anche una sezione del sito che raccoglie le buone pratiche che i nostri sindaci si possono scambiare dalla Valle d'Aosta alla Calabria.
Abbiamo fatto una proposta di legge per il rilancio delle aree interne che non si rassegnano allo spopolamento, come fa il governo di Giorgia Meloni scrivendolo nero su bianco sui documenti. Una proposta che nasce dall'ascolto di quei territori perché per noi non sono, lo dico sempre, un capitolo a parte di un programma di governo.
Le aree interne sono uno sguardo che dobbiamo adottare in ogni politica pubblica. Questo vuol dire che in quella proposta noi parliamo di defiscalizzazione delle attività economiche perché quando cala una saracinesca di una bottega artigiana in un comune dell'Appennino si perde molto di più che un presidio economico, si perde un presidio sociale. Abbiamo proposto in quella legge incentivi a medici e insegnanti perché sappiamo che altrimenti se la vita è più scomoda lì non ci vanno a lavorare. Abbiamo proposto il sostegno alle imprese agricole con un occhio particolare ad attirare giovani e donne che ancora sono meno rappresentate in quell'importante settore della nostra economia e abbiamo proposto di migliorare la connettività sia fisica che digitale, altro che tagliare 1,7 miliardi alle strade provinciali. Il governo sta imponendo dei criteri inadeguati sui comuni montani che rischiano di tagliare fuori 1.200 comuni e mettere gli altri in competizione tra loro per le poche risorse disponibili. Non solo non le hanno aumentate, ma il governo si è tenuto per sé il 50% di quelle risorse e quindi sottraendole agli enti locali.
Abbiamo in questi anni attivato -era un altro impegno che c'eravamo presinuovi circoli tematici nei luoghi di lavoro che preparano proposte, ad esempio quella del circolo dei trasporti, che ringrazio,perché diventano patrimonio di tutto il partito, quella sul trasporto pubblico locale gratuito che nasce dall'esperienza di regioni come l'Emilia-Romagna e la Campania e che oggi permetterebbero pure agli studenti di riuscire a tornare a casa per Natale senza svenarsi. Caro ministro Salvini.
Abbiamo attraversato con Andrea Orlando le realtà industriali del paese, quelle di eccellenza come quelle in crisi per scrivere un nostro libro verde nell'ascolto, un libro verde sulle politiche industriali che stiamo discutendo con tutte le parti sociali e presto sarà pronto e rilanceremo.
Abbiamo fatto un viaggio con Marta Bonafoni verso le straordinarie realtà del terzo settore di cui non ci si può ricordare solo nelle emergenze. Quei saperi preziosi vanno ascoltati. Quei saperi preziosi sono utili a scrivere politiche pubbliche migliori.
Guardate, quel viaggio è durato 10 mesi e si è concluso proprio in questi giorni e l'ha vista percorrere 24.230km in 22 tappe, attraversando tutte le regioni d'Italia e andando anche a Bruxelles con grande impegno. Mi ha raccontato di tutte le articolazioni del partito che ringrazio profondamente per averci creduto. Quel viaggio ha toccato luoghi delle diseguaglianze che dobbiamo contrastare: i detenuti, le persone che combattono contro le dipendenze patologiche, le donne uscite da percorsi di violenza.
Noi dobbiamo fare di più contro la violenza di genere e continueremo a impegnarci per spiegare a questo governo che non basta la repressione se non c'è anche la prevenzione, che vuol dire formazione, coinvolgere i centri antiviolenza e i loro saperi ed educazione obbligatoria, sessuale ed affettiva in tutti i cicli scolastici. Continueremo a batterci per far rispettare l'accordo che avevamo fatto su una legge fondamentale come quella sul consenso per dire che ogni atto sessuale senza consenso è violenza, è stupro.
Confido ancora che la presidente Meloni faccia rispettare quell’ intesa e quell'accordo che li avevi visti –lo ricordo- votare all'unanimità nell'aula della Camera per poi fermarsi alle porte del Senato. Dobbiamo andare avanti.
È un tema fondamentale su cui abbiamo dimostrato qual è il nostro modo di fare opposizione in questo paese. Dura e senza sconti, rigorosa, ma anche disponibile, dove è necessario, ad un dialogo che superi le divergenze profonde che abbiamo per far fare un passo avanti al Paese. Confermo questo approccio e questa nostra responsabilità e disponibilità, 16 ma ci deve essere da quell'altra parte la lealtà di stare negli accordi che abbiamo fatto.
Dicevo che quel percorso ha intrecciato anche luoghi di accoglienza di migranti, persone con disabilità, l'agricoltura sociale e l'antimafia, perché per noi il contrasto alla criminalità organizzata è una questione identitaria, ancora prima che politica.
Abbiamo intrecciato la povertà educativa che colpisce tante bambine e bambini in questo paese. Il disagio dei giovani. C'è troppa violenza, dobbiamo occuparcene, dobbiamo farcene carico.
La solitudine degli anziani. Guardate, io voglio una politica che si prenda cura di quelle solitudini che sono aumentate.
Pensate agli impatti, non più discussi, profondi della pandemia che abbiamo vissuto. Non è che perché non abbiamo più le mascherine, non ci sono gli strascichi pesanti sulla salute mentale e le solitudini. Noi dobbiamo farcene carico.
Una donna davanti all'ospedale di Vibo Valentia qualche mese fa mi fermò e mi disse: "Sa cosa? Io ho dovuto rinunciare a lavorare per prendermi cura della mia madre anziana. Non riuscivo a permettermi altro per lei." Quanti italiani sono? Quanti ne conoscete voi? Quanti tra di voi sono in queste condizioni?
Siamo un paese che invecchia e siamo forse il secondo più anziano al mondo. Dobbiamo avere cura di come cambiano i bisogni delle persone anziane, riadattare il nostro welfare a questi nuovi bisogni, dare risposte ai profondi dubbi e alle preoccupazioni delle famiglie italiane.
Guardate, in questi anni con Nicola Zingaretti abbiamo rilanciato la nostra fondazione Demo e vi do una buona notizia perché proprio questo venerdì Demo è entrata finalmente a far parte della FEPS, la Fondazione per gli studi progressisti europei. Grazie Nicola per l'ottimo lavoro svolto e per il risultato importante che è stato ottenuto. Ma abbiamo parlato molto con Nicola e ora che è capo delegazione al Parlamento europeo e l'impegno 17 non manca, come vedete ogni giorno su quel fronte, insieme abbiamo deciso che è tempo di passare il testimone e per questo vi voglio annunciare che ho chiesto a Gianni Cuperlo di proseguire questo cammino per metterci tutta la sua competenza, la sua passione, la sua conoscenza e le reti coi mondi culturali, intellettuali che ci aiutino nel percorso programmatico che ci aspetta.
Grazie Gianni per avere accettato.
Una casa del pensiero lungo, ci siamo detti, una casa del pensiero lungo per non essere ogni giorno trascinati solo dalla brutalità dell'hashtag quotidiano su fatti di attualità. Ci serve, ci servirà. In questo anno abbiamo lavorato tanto tra iniziative tematiche, politiche a livello locale, politiche dei nostri amministratori tra campagne e battaglie parlamentari. Vorrei che insieme facessimo un applauso per ringraziare tutti i nostri militanti e i dirigenti, tutta la segreteria nazionale del partito e tutti i parlamentari europei e nazionali per l'impegno che ogni giorno ci mettono a stare sul pezzo accanto alle persone e a dare risposte concrete. Grazie. Grazie. Grazie.
Però dicevo, c'è molto su cui dobbiamo e possiamo lavorare ancora anche nel partito. Ci deve essere più coerenza tra ciò che diciamo a livello nazionale e ciò che succede a livello locale e più ascolto per converso delle istanze dei territori che devono diventare proposta nazionale. Dobbiamo trovare modi per coinvolgere di più i nostri iscritti e non soltanto nelle campagne elettorali. Su questo una proposta che vi farò dopo.
Poi abbiamo aumentato, è vero, il numero di segretarie regionali, abbiamo aumentato il numero di segretarie in generale. Ci sono oggi più presidenti di regione e sindache di prima, ma la strada della piena parità di genere è ancora lunga e dobbiamo impegnarci ancora di più.
Dobbiamo aprire le porte del partito a quelli che si avvicinano e che talvolta hanno trovato chiusura anziché disponibilità ed accoglienza. Ma il riscontro di questi tre anni di lavoro lo abbiamo visto anche e soprattutto nelle urne.
Lo abbiamo visto alle europee quando i sondaggi ci davano sotto la soglia psicologica del 20. Abbiamo fatto il 24%. Una crescita di cinque punti dalle politiche, ma di 10 dai sondaggi dei giorni e mesi dopo la sconfitta.
Lo abbiamo visto in tutte le tornate amministrative. Abbiamo vinto in 24 capoluoghi di provincia su 38 con alcune vittorie storiche. Penso a Vibo Valentia dopo 20 anni.
L'abbiamo visto anche nelle regionali. Da quando sono segretaria solo due regioni si sono spostate, Umbria e Sardegna e le abbiamo vinte noi, non Giorgia Meloni. Lo dico agli appassionati delle mappe sui social di Fratelli d'Italia, no? Suggerirei di mettere a confronto quella del 2022, quando è stata eletta Giorgia Meloni, e quella del 2025, perché ci sono due regioni in rosso in più e non in meno.
Abbiamo vinto in Toscana con il nostro presidente Eugenio Giani, che ho visto anche qui, e gli faccio ancora tante congratulazioni. Abbiamo vinto con Antonio De Caro con i suoi 29 punti di distacco. Abbiamo vinto in Campania con Roberto Fico, suoi 25 punti di distacco, e vorrei ringraziare tutta la coalizione progressista che ha contribuito a questo risultato in cui ogni forza, ogni lista ha dato un contributo prezioso a questo sforzo collettivo e anche dove non abbiamo vinto, come in Veneto, abbiamo quasi raddoppiato i consensi rispetto alla volta scorsa, arrivando al 29% e crescendo di 14 punti. E’ un seme per il futuro.
Il PD cresce ovunque. Il PD è cresciuto ovunque. Dove abbiamo vinto, ma anche dove abbiamo perso.
Guardate i numeri. Se guardiamo alle 13 regioni dove si è votato solo tra il 2024 e il 2025, i voti assoluti tra la nostra coalizione e quella di governo sono sostanzialmente pari. Ma se aggiungiamo le civiche, i voti e i presidenti, siamo nettamente avanti noi.
In queste 13 regioni il Partito Democratico ha preso 3.202.611 voti, Fratelli d'Italia, 2.570.522 voti. Siamo primo partito nei voti reali, non nei sondaggi, nei voti veri.
È la dimostrazione che la partita per le politiche è apertissima e che siamo competitivi e ci sono tutte le condizioni per costruire una prospettiva nuova per il paese e mandare a casa questa destra. E i primi a confermarlo sono loro a destra che, guarda caso, mezz'ora dopo gli exit poll hanno lanciato la modifica della legge elettorale.
Guardate, non si cambiano le leggi elettorali per paura di perdere a poco più di un anno dalle elezioni.
Mi sembra una premessa sbagliata, come lo è, quella di farci un antipasto del premierato, che è una riforma che noi contrasteremo perché accentra i poteri nelle mani di chi guida l'esecutivo a scapito del Parlamento e, come dicevo, delle prerogative del Presidente della Repubblica.
Ricordiamoci però dove eravamo dopo la sconfitta del 2022 e facciamolo con franchezza tra di noi. C'è chi scommetteva sulla fine del Partito Democratico, c'è chi scommetteva su una scissione.
Le divisioni nel nostro campo erano tali che tra le forze politiche non ci si parlava quasi più. Dopo 2 anni e mezzo non solo ci siamo rialzati, ma siamo competitivi e siamo saldamente la prima forza di opposizione.
Non solo il partito non è morto e non si è scisso, ma è stato più unito e compatto che mai. E di questo ringrazio tutti voi e ringrazio anche il presidente Stefano Bonaccini perché l'unità non si fa da soli e non era scontato.
Stefano, mi piace pensare, che stiamo cambiando in positivo, come chiedono i nostri militanti, anche questi metodi. È finito il tempo delle divisioni costanti e dei litigi perché abbiamo una responsabilità più ampia.
La maggioranza è oggi più larga, ma io continuo e continuerò ad essere sempre la Segretaria di tutte e di tutti. La Segretaria di tutto il partito.
Dicevo, non solo oggi c'è una coalizione, ma si è presentata insieme in tutte le regioni al voto e non succedeva da 20 anni. Questa coalizione ha preso più voti della destra e dobbiamo essere orgogliosi della strada fatta che ci dà slancio e ci dà speranza verso le prossime politiche.
Una coalizione progressista, ci tengo a dirlo, che non abbiamo costruito contro Giorgia Meloni o contro questo governo. L'abbiamo costruita faticosamente per le cose che vogliamo fare insieme. C'è una bella differenza. L'abbiamo costruita senza veti, unendo forze civiche e politiche, spesso tenendo insieme anche tutte le opposizioni rappresentate in Parlamento o allargando ancora. Lo vediamo nei comuni e nelle regioni dove abbiamo vinto che c'è un'alternativa perché governiamo insieme e governiamo bene e lo vediamo nel lavoro comune ogni giorno, nell'affrontare i problemi delle persone, quando nell'incontrarsi e conoscersi meglio si sciolgono anche un po' di quelle diffidenze reciproche che è fisiologico che ci siano.
Prevale ciò che unisce. Questo è il metodo che ci siamo dati.
Non siamo autosufficienti, ma consapevoli che il Partito Democratico è il perno fondamentale di questa alleanza, ruolo che ci siamo guadagnati sul campo tornata dopo tornata.
L'unità, lo dico sempre, non è che ce l'abbia chiesta il medico, ce la chiede la gente, ce lo chiedono i nostri che hanno bisogno di vedere un'alternativa che è pronta, pronta ad andare a governare con le idee chiare su quello che serve per l'Italia.
Per questo noi continueremo a essere testardamente unitari dentro e fuori dal partito perché sta già portando i suoi frutti.
L'alleanza che abbiamo costruito per le regionali è per noi imprescindibile ed anzi dobbiamo consolidarla ed allargarla ancora.
Abbiamo le nostre differenze, altrimenti saremmo tutti nello stesso partito, e le comporremo quelle differenze, ma smettiamo di enfatizzarle noi. Concentriamoci sulle cose che vogliamo fare insieme e che stiamo facendo insieme, perché al governo le divisioni sono enormi, ma si parla soltanto delle nostre.
Solo oggi è slittata la commissione bilancio sulla manovra perché sono in stallo, perché continuano a litigare tra di loro, tra ricatti reciproci e veti incrociati.
Guardate, nei 5 anni precedenti a questa legislatura, le forze che oggi governano non solo erano divise sulla politica estera, ma pure su tutto il resto, perché Fratelli d'Italia era all'opposizione e le altre due erano al governo.
Allora, camminare uniti verso l'appuntamento del 2027 è qualcosa in più, di più della nostra linea politica. Io direi che è un dovere verso gli elettori, un dovere verso chi ci guarda sperando in un cambiamento reale ed è un dovere verso chi aspetta risposte che questo governo non ha saputo dare davanti a questa destra ossessionata dal potere che ha riportato l'austerità, che ha aumentato le diseguaglianze. Guardate, questa è una tendenza che accomuna le destre di tutto il mondo: ai problemi concreti delle persone, non offrono soluzioni, ma una cosa più semplice, un capro espiatorio, un nemico al giorno su cui scaricare tutta l'attenzione e anche la frustrazione, mentre tagliano i servizi fondamentali e occupano posti di potere. E sono sempre gli stessi questi capri espiatori: le opposizioni, gli attivisti, i giudici, i giornalisti, i migranti, le persone LGBTQIA+, l'Europa.
Non lasciamo l'internazionalismo ai nazionalisti che si rafforzano pur con una retorica divisiva che li mette gli uni contro gli altri, come si è visto chiaramente sui dazi.
Questa è una grande sfida a cui sono chiamati i progressisti e democratici di tutto il mondo, con cui stiamo rafforzando i rapporti a partire dai socialisti europei che abbiamo ospitato l'anno scorso per il congresso, ma proviamo a collocare la nostra sfida nel tempo che stiamo vivendo, a guardare cosa accade davanti a noi e intorno a noi, a connetterla ad una lettura del cambio d'epoca profondo che stiamo vivendo, perché è questo che la politica deve saper fare: leggere il proprio tempo, interpretare le grandi trasformazioni della società e anticiparne gli effetti prima che si scaricano sempre sui soliti, i più deboli.
Viviamo una fase storica critica dove la crisi sociale diventa anche crisi democratica. Un tempo attraversato da profonde ingiustizie e diseguaglianze dove si allargano i confini di vecchie e nuove povertà e dove aumenta l'astensionismo. Io vi chiedo di impegnarci, di andare verso le persone che non credono più che il proprio voto faccia una differenza sulle proprie condizioni materiali.
È un tempo carico di incognite tra il ritorno delle guerre e la crisi climatica, tra l'inverno demografico e l'intelligenza artificiale.
Le destre nazionaliste di tutto il mondo hanno un disegno molto preciso. Delegittimare le sedi del multilateralismo come le Nazioni Unite che noi difenderemo come tradizione di questo paese che ha contribuito a fondarlo.
Vogliono demolire a colpi di motosega il diritto internazionale per sostituirlo con la legge del più ricco e con la legge del più forte. Non lo accetteremo.
Non accetteremo un mondo in cui Elon Musk si dà uno stipendio di 1.000 miliardi di dollari, mentre i suoi amici Trump e Meloni bloccano il salario minimo per milioni di lavoratrici e di lavoratori.
Non accetteremo un mondo in cui gli uomini più ricchi del pianeta decidono di influenzare le elezioni nei paesi democratici e possiedono anche le piattaforme in cui decidono il volume della voce dei loro avversari politici.
Guardate, in questo quadro vediamo delle convergenze preoccupanti, vediamo una concentrazione di ricchezza, potere e anche di dati senza precedenti nella storia.
Guardate, non sorprende, ma preoccupa molto il plauso di Putin alla cosiddetta dottrina Trump messa nero su bianco nella nuova strategia di sicurezza americana. Un documento che contiene un attacco senza precedenti all'Unione Europea e minacce inaccettabili di interferenze nei nostri paesi. Nelle stesse ore proprio Musk dice che l'Unione Europea va abolita e sulla sua piattaforma accosta la bandiera nazista a quella europea che invece rappresenta il più grande esperimento di democrazia della storia mondiale, nata per riunire popoli e stati di 27 paesi diversi dopo le macerie che hanno lasciato in due guerre mondiali i nazionalismi.
Questa convergenza nell'attacco all'Europa, questa alleanza, dimostra quanto sia reale il rischio che denunciamo da mesi. O l'Europa fa un salto in avanti sull'integrazione politica oppure rischia di essere schiacciata e messa ai margini dalle grandi potenze che la circondano e che trovano un obiettivo comune nell'indebolirla.
L'ho detto in questi giorni, l'Europa sarà federale o non sarà? Serve coraggio, serve lungimiranza, serve recuperare quella capacità di guardare lontano che ispirò i padri fondatori e le madri fondatrici dell'Unione Europea.
È necessario superare l'unanimità perché, guardate, non si può più essere ostaggio dei veti e degli egoismi nazionali in un mondo che si muove come questo e veloce come questo, partendo da subito con le cooperazioni rafforzate con chi ci sta.
Questo significa proseguire nella strada fondamentale degli investimenti comuni europei come il Next Generation EU, che non è nato dal cielo, lo sappiamo, non è piovuto dal cielo, ma è nato dall'impegno anzitutto della nostra famiglia socialista e democratica europea, dei nostri eurodeputati, dei nostri commissari europei e anche di un grande presidente del Parlamento europeo che voglio ricordare anche oggi, David Sassoli.
Guardate, per noi è fondamentale proseguire con gli investimenti comuni e rinnoviamo l'invito al governo a fare questa battaglia insieme a noi. Serve l'autonomia strategica europea. A questo serve un piano di investimenti comuni, un grande piano sociale e industriale che si occupi di conversione ecologica necessaria, ma che va resa conveniente per le imprese, per le famiglie.
È quello il nostro lavoro, non negare l'emergenza climatica. Non aiuteremo le imprese e gli agricoltori negando l'emergenza climatica perché sono tra le prime vittime di questa emergenza e bisogna mettere in campo tutte le risorse che gli servono per innovare i processi e per ridurre gli impatti negativi sul clima e sull'aria che respiriamo.
Un grande piano europeo di investimenti comuni deve anche essere rivolto alla politica estera e alla difesa comune che, come non mi stanco mai di dire, non è la corsa al riarmo di 27 singoli stati con eserciti scoordinati tra di loro senza un comando unico. Quella è un'altra cosa. Non crea sufficiente deterrenza e non è un modo efficiente di fare spesa. Quindi insistiamo sulla difesa comune mentre contrastiamo questa strada del solo riarmo nazionale.
Vedete, in generale nessuno stato da solo avrà la forza di competere, nessuno stato europeo da solo avrà la forza di competere con gli Stati Uniti, la Russia e la Cina.
Prima lo capiscono anche i nazionalisti di casa nostra e meglio è, perché è anche nell'interesse nazionale dell'Italia che l'Europa sia più unita, più forte, più integrata e più autonoma, che sviluppi un piano industriale europeo che sostenga la nostra manifattura nel rilancio che serve dopo quei 34 mesi di calo della produzione industriale quasi consecutivi con il rischio di perdere decine di migliaia di posti di lavoro per i dazi di Trump.
Il governo italiano non può far finta di nulla o proseguire con le sue ambiguità. Certo, gli Stati Uniti sono un alleato fondamentale, ma la relazione transatlantica deve basarsi sulla cooperazione e sul rispetto reciproco, non sulla prepotenza.
Non è abbassando la testa che si sta in quell'alleanza e non è facendo i vassalli che si serve l'interesse nazionale e quello europeo.
È necessario che il nostro paese sia protagonista e propulsore di un rafforzamento dell'integrazione europea e invece il governo italiano è tra quelli più ostili a ogni riforma in questa direzione.
La strategia di Putin e ormai anche di Trump è evidente: dividerci per renderci più fragili singolarmente. Il governo Meloni non si presti a questo gioco e non si faccia utilizzare per andare contro gli stessi interessi dei cittadini italiani.
I partiti di maggioranza su questo hanno tre posizioni diverse. L'ha detto bene in questi giorni Romano Prodi: Meloni con Trump, Taiani con l’UE, Salvini con Putin.
Ma queste divisioni le paga il paese. Noi continueremo a batterci per difendere l'autonomia europea e anche il modello sociale europeo che proprio non va giù a quegli autocrati che fanno solo politiche identitarie mentre bloccano il salario minimo e tagliano la sanità e la scuola pubblica.
Noi continueremo a batterci per l'Europa federale, per la democrazia e i principi dello stato di diritto a tutela di tutte le cittadine e di tutti i cittadini.
L'Europa va cambiata. Sì, cambiata, ma non smantellata o indebolita. E la nettezza della nostra posizione non si deve tradurre in una difesa dell'esistente, ma in un attenzione al cambiamento necessario. Non faremo dare per scontati i nostri voti e contesteremo ogni errore di questa unione e di questa commissione come la pessima proposta di bilancio che centralizza fortemente le risorse della coesione a scapito delle regioni e degli enti locali.
O ancora, come la pessima proposta di questi giorni sui paesi terzi sicuri. Abbiamo votato contro in commissione e voteremo contro anche in aula. L'Unione non deve correre dietro alle destre nazionaliste che la vogliono dividere e frenare. Deve avere il coraggio di un salto in avanti, deve avere il coraggio, altrimenti rischia di essere schiacciata.
Di questo parlerò coi leader del PSE giovedì prossimo al pre-Consiglio europeo, perché il destino del nostro paese passa anche dal rilancio del progetto europeo.
E mi pare evidente quanto sia urgente avvertire la serietà di questo momento.
L'Europa nasce come un progetto di pace, non può delegare i dialoghi di pace alle telefonate di Trump. Serve un'azione politica e diplomatica forte. Non può esserci una pace giusta senza che al tavolo negoziale sieda il popolo che ha subito un'invasione criminale, l'Ucraina, che abbiamo sempre sostenuto e continueremo a sostenere.
Il popolo ucraino è quello che deve sedersi a quel tavolo, è l'unico che può decidere del proprio futuro e non si può fare una pace giusta e duratura senza il coinvolgimento in quel tavolo negoziale anche dell'Unione Europea che deve difendere gli interessi di sicurezza ucraini ed europei e contribuire però a ottenere una pace giusta che non significa assumere le ragioni o i diktat dell'aggressore ma farsi carico invece delle ragioni dell'aggredito. Ecco perché non possiamo lasciare questa vicenda alle telefonate bilaterali tra Trump e Putin, ma serve un ruolo diplomatico e politico dell'Unione Europea che fin qui è mancato per creare le condizioni di porre fine a quella guerra e costruire una pace giusta a sostegno degli ucraini.
Lo stesso vale per il Medio Oriente, dove la voce europea è stata troppo debole. Ne ho parlato anche ieri con il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, cui ho confermato tutto il nostro supporto e la nostra vicinanza al popolo palestinese. C'è un accordo di tregua che tutte le parti devono rispettare, ma sappiamo che le ingiustizie non sono finite e che a Gaza si continua a morire.
Non si può parlare di pace finché non si assicura il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese, la fine delle occupazioni illegali in Cisgiordania e per questo torniamo a chiedere al Governo italiano il pieno e immediato riconoscimento dello Stato di Palestina. Perché anche i palestinesi, come gli israeliani, hanno diritto ad esistere e a vivere in pace e in sicurezza in uno stato loro.
Riconoscere lo stato di Palestina significa una cosa chiara per noi: riconoscere l'Autorità Nazionale Palestinese che va riformata, va rafforzata. Significa questo, e non certo riconoscere i terroristi di Hamas che non devono avere alcun ruolo nel futuro di Gaza. Ma ieri abbiamo parlato col presidente Abu Mazen anche degli aiuti umanitari indispensabili al popolo palestinese che ancora soffre.
Solo in questi giorni sono morti tra gli altri due bambini. Hadeel Hamdan, 9 anni, viveva con la sua famiglia in una scuola trasformata in un centro di accoglienza di sfollati, in condizioni difficili e senza riscaldamento. Un altro bambino, un neonato, è morto nel campo profughi di Shati a ovest di Gaza e giovedì scorso non ha resistito al freddo neanche una neonata a Khan Younis, quando la tenda dei suoi genitori si è allagata con l'acqua piovana.
Non possiamo accettare quello che sta accadendo. È una tragedia umanitaria su cui la comunità internazionale deve mobilitarsi ogni giorno per portare tutti gli aiuti necessari e chiedo ancora una volta al governo italiano di aiutare affinché le 300 tonnellate di aiuti raccolti dalla solidarietà italiana con Music for Peace e fermi in Giordania, perché Israele non li fa passare, di aiutare a far arrivare quegli aiuti. Sono aiuti nati dalla solidarietà italiana. Se il varco è chiuso, come hanno detto a Music for Peace, vuol dire che non stanno nemmeno arrivando gli aiuti di cui parla tanto il governo, quelli di Food for Gaza. Dateci una risposta su questo.
Allora, mi avvio a concludere, perché guardate, credo che se mettiamo tutto insieme è evidente quanto la complessità di questo passaggio ci imponga senso di responsabilità, generosità, pazienza, sguardo di insieme.
Davanti a un tornante così cruciale della storia siamo tutti chiamati a ascoltarci di più, far prevalere le ragioni che ci uniscono anziché i distinguo e i tatticismi.
È il tempo della costruzione, del dialogo e dell'impegno.
È il tempo di consolidare la costruzione di questa alternativa.
Lo sappiamo che per scalzare questa maggioranza non può essere sufficiente la denuncia delle loro contraddizioni e inadeguatezze o la ferma opposizione alle loro scelte pericolose e fallimentari.
Serve la capacità di proporre un'alternativa reale e credibile. Serve una visione di respiro che sia molto di più che un accordo tra partiti e sia anzitutto un'alleanza nella società. Che non si limiti a sommare le energie e sappia moltiplicarle, sprigionarle e che sappia lasciarsi attraversare dal volontariato, dal terzo settore, dalle forze sociali e produttive, dalla cultura, dalle università, dall'associazionismo laico e cattolico, dalla società civile, dalle migliori energie che attraversano il paese.
Una proposta che sappia unire più voci e più culture, partendo dalle cose concrete da fare, dalle risposte ai problemi delle persone.
Guardate, è un progetto politico ambizioso che definisce anche un campo di forze, un processo di ascolto nel paese. Ma come dicevo prima, non partiamo dal nulla perché abbiamo tante battaglie che ci uniscono nelle città e nelle regioni che governiamo come nelle piazze organizzate insieme. Penso alle 300.000 persone in piazza a giugno, a Piazza San Giovanni su Gaza e pure nelle proposte di legge che abbiamo presentato insieme alle altre opposizioni, dal salario minimo al congedo paritario, dalla riduzione di orario di lavoro a parità di salario a una riforma della RAI -e parlo di quei 16 emendamenti che prima vi ho raccontato sulla manovra.
Ora abbiamo davanti alcuni mesi preziosi. Vi voglio proporre come usarli insieme, intrecciando due obiettivi.
Il primo l'impegno per il no al referendum sulla magistratura. Non è una riforma sulla giustizia. Lo dice il ministro Nordio che questa riforma non incide minimamente sulle inefficienze del sistema di giustizia Italiano, non incide sui tempi lunghi dei processi, non sulla lentezza del processo telematico, non sulla carenza di organico, non sullo scarso ricorso alle misure alternative alla detenzione, non certo sul sovraffollamento carcerario, e lo voglio dire oggi, che è il giubileo dei detenuti, l'ultimo evento del giubileo della speranza, quando in questa regione, solo nel Lazio, negli ultimi giorni, in questa settimana, ne sono morti tre. Questi sono i problemi che dovremmo affrontare, ma non li tocca quella riforma.
Non è nemmeno una separazione delle carriere. Quella era già in vigore con la riforma Cartabia. Ci sono stati circa 20 passaggi all'anno su 9.000 giudici. Non ci vengano a dire che questo richiedeva una riforma della Costituzione.
La cambiano per altre ragioni. Le ha chiarite Giorgia Meloni rispondendo a una sentenza della Corte dei Conti. Ha detto, "Adesso vi facciamo vedere noi chi comanda”, perché loro pensano che chi ha un voto in più non debba essere giudicato dalla magistratura. Questo è in gioco in quel voto.
La cambiano per indebolire il CSM e l'indipendenza della magistratura.
Chi di voi sceglierebbe col sorteggio i propri rappresentanti in Parlamento o nel consiglio comunale o nell'assemblea condominiale?
Chi di voi sceglierebbe un chirurgo per un'operazione per sé con il sorteggio?
Meloni, con le sue gravi affermazioni ha chiarito il vero obiettivo.
Non è una riforma che migliorerà l'efficienza della giustizia italiana né che aiuterà in questo modo gli italiani.
Serve a loro, serve a questo governo per avere le mani libere, per mettersi al di sopra delle leggi e della Costituzione. Ci impegneremo per il no a questo referendum.
E poi sono a proporvi per questi mesi un grande percorso programmatico del Partito Democratico fatto con il paese e nel paese. Facciamolo insieme. Facciamolo impegnando il partito a tutti i livelli.
Un percorso che veda coinvolti iscritti e segretari, parlamentari e amministratori. È tempo di ascoltare il paese. Non lo fa il governo arroccato nel palazzo e sintonizzato su Telemeloni. E allora lo ascolteremo noi.
Per questo da gennaio partiremo con un grande percorso nell'Italia, per l'Italia e con l'Italia.
Diamo la parola all'Italia. Vi daremo informazioni più precise nei prossimi giorni perché possiate da gennaio partire subito per questo percorso, ma coinvolgeremo ovviamente le categorie sociali e produttive, l'associazionismo, laico e cattolico, il terzo settore, gli intellettuali, i giovani.
Coniugheremo strumenti innovativi di partecipazione e la presenza fisica capillare sui territori.
In ogni regione del paese organizzeremo insieme giornate tematiche per raccogliere idee, proposte, punti di vista che ci aiutino così ad elaborare il nostro contributo a quello che poi più avanti, nell'anno 2026 diventerà il percorso con la coalizione sul programma.
Non ci limiteremo a dire che cosa non va, che è già tanto, ma inizieremo a dire concretamente cosa vogliamo e sappiamo fare per governare questo paese e lo faremo a partire dalle nostre cinque priorità che già conoscete.
La prima è la difesa e la riforma della sanità pubblica universalistica dai tagli e dalla privatizzazione di questa destra e lo faremo forti delle nostre radici, delle culture politiche fondative di cui siamo sintesi e che declineremo al presente e al futuro. Ma proprio perché noi sappiamo da dove veniamo, vi voglio dare una buona notizia.
La tessera del 2026 è dedicata a una persona importante, a 10 anni dalla sua scomparsa, a 50 anni dal giorno in cui diventò la prima ministra di questo paese donna a quasi 100 dalla sua nascita.
La nostra tessera 2026 è per lei, Tina Anselmi, partigiana cattolica democratica. Dobbiamo a lei più che ad altri l'intuizione di una sanità pubblica che fosse a misura dei bisogni delle persone e per tutti, non solo per chi se la può permettere.
Siccome mi avete sentito citarla in ogni comizio, in ogni regione, in ogni frazione, potete immaginare con che gioia io abbia accolto una bella proposta che mi è arrivata qualche tempo fa da Silvia Costa e ad Alfredo Mattioli. Quindi, grazie, abbiamo veramente accolto con grande piacere.
Seconda grande priorità, la scuola pubblica, la ricerca e l'università. Ci sono in questi giorni i ricercatori del CNR che sono in agitazione e in mobilitazione. Stiamogli a fianco, la ricerca in Italia è troppo precaria.
Ma volevo dire anche una parola sull'università. Guardate, negli USA si vede di più l'attacco, però non è meno insidioso quello che stanno facendo in Italia, come sulla sanità. Tolgo le risorse al pubblico e apro un'autostrada al privato.
Attenzione, lo voglio dire, questo governo si apra al confronto. Il patrimonio delle università italiane non è una cosa su cui giocare o scherzare. Lo voglio dire anche a chi si permette di rispondere agli studenti dicendo che sono inutili.
Qui l'unica cosa inutile è la vostra arroganza al potere. Vergogna.
Terza grande priorità, il lavoro dignitoso, la sicurezza sul lavoro. Tematica fondamentale. Contrasteremo questa nuovo decreto su cui non mettono neanche le risorse necessarie. La precarietà, la parità di genere. Ci lavoreremo.
La quarta grande priorità, quella delle politiche industriali che servono a questo paese, anche per rendere conveniente la conversione ecologica e digitale, che sono irrimandabili, necessarie e possono dare i propri frutti e aumentare la produttività del paese che è così stagnante.
E poi la priorità dei diritti della democrazia e della pace.
Struttureremo il nostro percorso programmatico di questi mesi attorno a queste cinque grandi priorità.
Non sono esaustive. È proprio questo percorso che farà emergere intorno tutto il resto che ci serve, la casa, la questione di genere. Alcune ne ho citate anche oggi, ma di certo non tutte. Ecco, avvieremo questa campagna di ascolto del Partito nel Paese nella maniera più aperta e partecipata possibile per poi ricongiungerci alle altre forze della coalizione e discutere insieme di quello che sarà il programma con cui ci dovremo presentare alle prossime elezioni.
È questo il momento in cui ingaggiare una discussione vera con le migliori energie che il paese può offrire. E non parlo solo dei nostri iscritti o anche dei nostri elettori più fedeli, vi chiederò con questo percorso di essere tutti protagonisti e di andare a parlare con chi ogni giorno si impegna nelle scuole e nei luoghi di lavoro, nelle associazioni, nei territori abbandonati e dimenticati.
Parlo di chi non ha più una casa politica e di chi pensa che la politica non gli serva più.
Dobbiamo andare a parlare con queste persone, dobbiamo convincerle non con gli slogan, ma mostrando ascolto e che vogliamo costruire con loro proposte in grado di cambiare concretamente in meglio la loro vita: il lavoro stabile, una sanità che funzioni, una scuola che non lasci indietro nessuno, il diritto alla casa, la conversione ecologica, come far ripartire la crescita e soprattutto dobbiamo parlare con chi non vota più, con chi si è allontanato non per disinteresse, ma proprio per delusione, con chi ha smesso di credere che la politica possa fare la differenza e che il voto possa fare la differenza.
A loro dobbiamo restituire un senso di possibilità, far vedere che c'è un'alternativa credibile, che c'è un progetto, che c'è un partito che insieme ad altri vuole riannodare un rapporto di fiducia.
E io sono ottimista, vi dico, credo che ci siano tutte le condizioni e le potenzialità per mandare a casa questo governo.
Andremo al governo vincendo le elezioni politiche e solo vincendo le elezioni politiche con la nostra coalizione progressista.
Saremo pronti se saremo insieme.
Grazie a tutte e a tutti e viva il Partito Democratico!
E viva sempre l'Italia antifascista!
