Carceri disumane, così fallisce la giustizia
Intervista della Stampa a Matteo Zuppi.
"C'è troppa sofferenza nelle carceri. Si tratta di fare giustizia alla vittima non di giustiziare l'aggressore. Due terzi delle persone che escono dal carcere e che hanno seguito percorsi solo dentro al carcere sono recidivi. Al contrario coloro che sono stati ammessi a fruire delle misure alternative al carcere hanno una bassissima recidiva". Lo afferma, in un'intervista a La Stampa, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei.
"Il tasso di affollamento del 120% - aggiunge - rischia di farci tornare presto alla situazione per cui Strasburgo ha condannato l'Italia. Il presidente Sergio Mattarella le ha definite inaccettabili. Queste condizioni diventano insostenibili per i più fragili, come le persone segnate da malattie psichiatriche, che senza cure adeguate diventano presenze pericolose per gli altri e per se stesse".
"C'è poi la tragedia dei suicidi - prosegue Zuppi -, con un tasso di 11,4 episodi ogni 10 mila detenuti. In carcere ci si uccide 18 volte di più che in libertà. Come possiamo pensare di aiutare la speranza e la rieducazione quando gli spazi di lavoro e gli investimenti per aiutare il reinserimento dei detenuti restano insufficienti? La giustizia deve sempre garantire un volto umano. Molti studi hanno dimostrato che la carcerazione da sola non è la misura più efficace per ridurre la recidiva. Anzi. E, vorrei aggiungere, non dimentichiamo la richiesta di Francesco per il Giubileo di iniziative che restituiscano speranza. Quel minimo indulto richiesto autorevolmente in occasione del Natale e la necessità di ampliare gli spazi per i domiciliari meritati non sono esercizi di buonismo ma solo di buon senso".
"L'idea che i detenuti non abbiano nulla a che fare con chi sta fuori dal carcere, porta solamente a un aumento delle distanze tra chi si crede giusto e chi, ormai, è irrecuperabile. L'aumento della distanza porta all'aumento del disprezzo" conclude il presidente della Cei.
